lunedì 2 marzo 2009

ARO: TRA FASCINO E TECNOLOGIA....

Ciao a tutti

In questo post, cercherò di spiegare cos'è l'ARO, poiché credo che sia un apparecchio che presenta delle caratteristiche estremamente interessanti. Spero che quanto detto qui sia o possa essere utile a qualcuno, inoltre cercherò di non dilungarmi troppo per non annoiare chi legge.
... dunque, cominciamo!

Cos’è l’A.R.O.
La sigla significa Auto Respiratore ad Ossigeno.
L’ARO è un apparecchio di respirazione autonomo a circuito chiuso che basa il suo funzionamento nell’utilizzare per la respirazione ossigeno puro e nel riutilizzare il prodotto della respirazione, dopo averlo opportunamente depurato.
In altre parole l’ossigeno contenuto nell’autorespiratore, e vedremo in seguito come, entra nei polmoni per assicurare i processi fisiologici e biochimici deputati alla vita e da questi esce arricchito di anidride carbonica, la quale, pericolosa per la respirazione, viene eliminata dall’autorespiratore stesso, pur rimanendo al suo interno.
L’ossigeno così rinnovato entra nuovamente in circolo fino a quando non sarà consumato dall’organismo. Da qui il motivo per il quale l’ARO è definito a circuito chiuso.
Questo autorespiratore, che volendo non rivela la presenza del subacqueo in acqua consentendogli di non produrre bolle d’aria come con i tradizionali autorespiratori ad aria, é stato adottato con successo durante la seconda guerra mondiale dai reparti d’assalto della Marina Militare Italiana ed è tuttora uno strumento insostituibile per i reparti speciali degli eserciti di tutto il mondo.
Cenni storici.
Tra le prime idee per realizzare un apparecchio autonomo per la respirazione subacquea ci fu proprio quella di respirare in un sacco, una riserva d'aria da portare sott'acqua. Sin dal tempo dei romani, esisteva un'organizzazione di sommozzatori, con sede nei porti, detti "urinatores" proprio in virtù del sacco di pelle dal quale tiravano qualche "boccata d'aria" in immersione.
Il primo ARO fa la sua comparsa nel 1911 ad opera degli inglesi, fu realizzato nel 1876 da Henry Fleuss. Questo era composto da una maschera di gomma, connessa ad un sacco, che era alimentato con l'ossigeno proveniente da una bombola di rame, l'anidride carbonica era assorbita da un filtro fatto con fibre di cordame imbevute di potassa caustica. Fleuss provò questa sua realizzazione, rimanendo in un serbatoio d'acqua per circa un'ora e poi sul fondo di una baia a 5,5 mt di profondità. Con quest'apparato il palombaro Lambert, istruito da Fleuss, riuscì a chiudere le porte stagne in una galleria in costruzione, invasa dalle acque melmose del fiume "Severn".
Nel 1915, prendendo spunto dalle idee di Fleuss, Sir Robert Davis darà forma al primo apparato per la fuoriuscita dai sommergibili che sarà poi copiato in tutto il mondo.
Fino alla realizzazione dell'apparato di Fleuss la tecnologia e i materiali non hanno consentito di più che "collegare un tubo ad un qualche casco": lo scafandro classico è durato fino ai giorni nostri, con la sola parentesi dello scafandro autonomo da parte di Draeger e Fleuss-Davis.
Un casuale ritrovamento di un catalogo della ditta "Anonima Bergomi", risalente al periodo tra le due guerre mondiali, testimonia la produzione italiana di apparecchi. Tale catalogo pubblicizzava infatti due autorespiratori ad ossigeno, "Modello per Immersione" e "modello per Sommergibile", quello per Immersione aveva una bombola a 150 bar e... valvola di sovrappressione!
L'ARO, dopo queste esperienze, viene successivamente immesso nel mercato solo nel 1922.
Nel 1933-34 i sommozzatori della marina Militare italiana Teseo Tesei ed Elios Toschi intuiscono l'importanza dell'impiego di tale apparato in operazioni militari tanto che, con i successivi perfezionamenti, l'ARO sarà protagonista delle gesta degli uomini “Gamma” e di quelli dei “Maiali” (i "Maiali" erano dei siluri a lenta corsa, con testata esplosiva staccabile, che erano cavalcati dai subacquei incursori).
In ogni modo, anteriormente alla seconda Guerra Mondiale erano già presenti, in Italia, ditte artigianali che producevano ARO, queste, grazie ad un’iniziativa della Marina militare, confluirono in un unico gruppo chiamato SIAS. Successivamente la SIAS prese il nome di SALVAS, con sede in Roma e qualche tempo dopo trasferì i suoi uffici a Castelnuovo di Scrivia.
La “Pirelli”, già fornitore della Marina Militare Italiana durante la Seconda Guerra Mondiale, produceva due modelli di ARO: il “Poseidon” ed il “Polifemo”, mentre la neonata “Cressi” immetteva sul mercato il “modello 47” verosimilmente databile proprio l’anno 1947. Al “modello 47” seguì il 57 (1957) e poi il “57B”, che ha scritto le prime pagine della subacquea sportiva italiana e che è ormai divenuto un “classico” per i collezionisti.
Per la Marina Militare, la Cressi produceva il “SuperARO” con bombole gemelle e con sacco polmone e filtro della calce sodata maggiorati.
Nonostante l'autorespiratore ad ossigeno abbia sempre avuto il limite della profondità d'utilizzo e quindi l'impiego sia stato soprattutto di tipo militare, per molto tempo è stato l'apparecchio tecnologicamente più avanzato, infatti, l'utilizzo dell'Aro non si esaurisce con la fine delle operazioni belliche.
Nell'immediato dopoguerra, giacevano sul fondo parecchie navi affondate durante il conflitto, dalle quali si poteva recuperare materiale prezioso per un'economia ove mancava tutto.
L'ARO, che era l'unico apparato autonomo allora disponibile, era spesso utilizzato per recuperare questa merce "preziosa", laddove un palombaro non sarebbe mai potuto arrivare trascinandosi dietro un tubo. Ecco allora che alcuni esperti, spesso ex incursori ormai disoccupati, (come racconta la M.O.V.M. Cav. Luigi Ferraro, nel libro: "Un italiano" di Gaetano "Ninì" Cafiero - Editore. Greco, 2000), ingaggiano una nuova guerra contro l'antica civiltà dei palombari: sacco polmone contro manichetta, maschera contro casco di rame, pinne contro scarpe di piombo. Il limite di profondità operativa, già molto più spinto di quello ritenuto valido ai giorni nostri, era infranto con la pericolosa pratica di gonfiare il sacco d'aria (invece che fare il "lavaggio") ottenendo così un'incerta miscela azoto-ossigeno.
Negli anni a seguire, il Cav. Ferraro resta protagonista della subacquea in Italia e fonda la “Technisub”: sarà proprio grazie alla sua fervida mente che la Technisub, realizzerà, negli anni ’70 il “Nuovo ARO”, un autorespiratore ad ossigeno caratterizzato da soluzioni tecniche molto innovative, il più grande omaggio alla storia ed alla tradizione dell’ARO in Italia.
Nel 1937 Marina Militare Francese era interessata alla messa a punto di un autorespiratore a circuito chiuso ad ossigeno puro mediante la trasformazione di un respiratore "Fenzy" che era impiegato per interventi in atmosfere inquinate. La sperimentazione fu bloccata quando il subacqueo che sperimentava l'apparato fu colto da convulsioni a 15 metri di profondità. All'inizio la colpa fu attribuita all'accumulo di CO2, ma, successivamente, si presentò nuovamente il problema, nonostante l'impiego di un filtro più efficiente: era il 1939 ed ulteriori esperimenti furono accantonati all’insorgere della Guerra.
Nel 1946, la Marina Francese fondò il “GERS” (Gruppo Studi e Ricerche Subacquee) e riprese il suo progetto di realizzazione di un apparato a circuito chiuso (in realtà, Semichiuso): cosciente della tossicità dell’ossigeno sotto pressione, decise di alimentare l'apparato con una miscela Azoto-Ossigeno.
L’idea intorno alla quale si sviluppò il progetto, era quella di scaricare all’esterno una piccola parte della miscela e sostituirla con quella “fresca” fornita dal sistema automatico d'erogazione. La prima versione di quest'apparato impiegava un sacco polmone piccolo, di 3 lt, in tal modo il volume del gas espirato, maggiore senz'altro dei 3 lt, era espulso all'esterno, ma il volume del gas espirato dipendeva dalla profondità dell’atto respiratorio del subacqueo e ciò rendeva molto variabile il rapporto tra gas espulso e quello riciclato (venting ratio)..e quindi la FO2.
Il GERS (gruppo sperimentale subacqueo della Marina Francese) passò quindi ad esaminare la costruzione di un sistema dove il rapporto tra il volume ventilato e quello espulso fosse costante, (indipendentemente dalla "profondità" dell'atto respiratorio). Nel 1949 le prove in mare dell'apparato confermarono la sua validità: era nato, così, il sistema ad alimentazione passiva. Il prototipo, che aveva la sigla di DC49, dette seguito ad una famiglia d’apparati la cui validità è apprezzata ancora oggi: il DC 55, ultimo della serie è ancora in uso presso la Marina Francese.
Ci sono molti rebreathers, come l'Halcyon 80, che ancora oggi impiegano quel principio di funzionamento.
Nel 1942 Siebe Gorman produce "Salvus", un ARO (Autorespiratore Ad Ossigeno) per salvataggio e brevi immersioni.
Nello stesso anno, Hans Hass, primo fotografo subacqueo "moderno", che scattava le sue foto in apnea o talvolta con un casco alimentato dalla superficie, aveva bisogno di un respiratore autonomo. Si rivolse allora alla Draeger di Lubecca che realizzava gli apparati per il salvataggio dagli U-Boot, accogliendo le sue richieste, la ditta ne modificò uno: Hans Hass fu anche il primo subacqueo sportivo-ricercatore ad impiegare quest'attrezzatura.
Negli Stati Uniti, la DESCO, costruttrice del famoso scafandro MK V, adottato dall'US Navy, allo scoppio della seconda guerra mondiale, riceve una gran commessa da parte della marina militare nella qual è inclusa la realizzazione di un autorespiratore ad ossigeno: il B-Lung (Browne lung, dal nome dell'ideatore Jack Browne) il quale sarà impiegato sia in operazioni belliche, sia in recuperi e lavori subacquei di costruzione e demolizione. Successivamente al conflitto, la fama di quest'apparato troverà continuità per mano del Colonnello John D. Craig, con il quale realizzerà le foto del suo libro "Il pericolo è il mio mestiere".
Dopo la Seconda Guerra mondiale si realizza un’altra gran rivoluzione nel campo delle attrezzature subacquee: per ovviare al limite di profondità dell'ARO, Cousteau-Gagnan sviluppano l'erogatore a domanda, cuore dell'apparato circuito aperto, che con la sua semplicità e relativa sicurezza, apre a tutti le porte del mondo sottomarino.
Tuttavia l'ARO non è abbandonato. Le prime riprese subacquee, da Hans Hass a Folco Quilici sono state realizzate proprio con quest'apparato: l'assenza di bolle e la silenziosità, unitamente alla semplicità e leggerezza sono argomenti tutt'ora validi, tanto è vero che il suo sviluppo non si è mai arrestato e sono continuamente costruiti nuovi modelli.
Ancora oggi si può notare la differenza tra le riprese subacquee di Cousteau che usava il circuito aperto ed Hass che utilizzava un ARO ciclico: gli squali filmati dal primo mostrano un comportamento nervoso, invece nelle riprese di Hans Hass la naturalezza dei movimenti mette in luce la bellezza di questo predatore.
Inoltre, particolarmente efficace fu anche l'uso didattico dell'ARO da parte delle prime scuole d'immersione come apparato propedeutico all'uso del circuito aperto.
Mentre da un lato si assiste all'egemonia del circuito aperto continua, nel silenzio, lo sviluppo degli autorespiratori a recupero di gas a scopo militare: dal circuito chiuso ad ossigeno si passava al semichiuso a miscela azoto-ossigeno (il termine Nitrox non era ancora stato coniato) che permette una profondità operativa notevolmente maggiore pur mantenendo grand’autonomia, silenziosità e bassa emissione di bolle.
Negli anni sessanta, In Germania da parte della Draeger e negli Stati Uniti da Lambertsen con il modello FLATUS si andava sviluppando il tipo a "flusso costante", ove un ugello calibrato immette nel sacco polmone un flusso prestabilito, che non dipende dalla profondità, per il rinnovo della miscela respiratoria.
In questo periodo, in Italia, lo sviluppo dei circuiti chiusi resta fedele al respiratore ad ossigeno; ai primi modelli della Pirelli, di derivazione militare, segue l’ARO Cressi: un classico che facendo storia é arrivato agli anni '80 ed è diventato oggetto da amatori.
Nel frattempo in Russia erano percorse strade differenti. Dopo aver realizzato l'IDA 57, un ARO provvisto anche di un ugello calibrato per funzionare anche a circuito semichiuso, fu realizzato un apparato per l'uscita dai sommergibili fino a 300 mt di profondità l'IDA 59. Quest'ultimo è provvisto di una bombola d'ossigeno e una di Trinix che erogano un flusso controllato meccanicamente, in modo da regolare la percentuale d'ossigeno in funzione della profondità. La vera novità, però, è costituita dagli apparati IDA 64, ad ossigeno e, successivamente, l'IDA 71, ad ossigeno e Nitrox, dove l'ossigeno consumato dal metabolismo é fornito da una sostanza chimica, un perossido, che ne rilascia una quantità proporzionale all'anidride carbonica assorbita.
Il filtro che lo contiene è "in parallelo" con quello della calce sodata. Una bombola d'ossigeno è in ogni modo presente per ripristinare il volume del sacco polmone.
In questo modo la percentuale d'ossigeno è controllata chimicamente. Questo perossido è ad ogni modo pericoloso da maneggiare e dannoso da respirare in quanto stabilizzato con asbesto.
Gli anni '70 vedono raccogliere l'eredità della tradizione subacquea militare italiana, da parte dell’O.M.G. - officine meccaniche di precisione -, specializzata nella progettazione e realizzazione d’autorespiratori a circuito chiuso e semichiuso: lo sviluppo e l'innovazione dei nuovi apparati, destinati ai reparti speciali delle forze armate, è frutto degli studi del titolare, Dario Chericoni, che realizza i modelli della famiglia "Caimano".
Il "Caimano" è adottato da reparti, quali COM.SUB.IN., Battaglione San Marco, Lagunari, Reggimento Paracadutisti del Col. Moschin, Sommozzatori dei Carabinieri e C.N.eS. - Polizia di Stato.
L’O.M.G. realizza anche gli ARO Castoro P 96, C 96 e C 96 Pro, per uso civile.
Il 1975 vede la comparsa del Draeger LAR V, l'ARO più usato dagli enti militari di tutto il mondo e che è in fase di sostituzione con l’ultimo modello, il LAR VII.
La risposta O.M.G. al LAR V è il modello "Caimano CRA" che funziona sia in modo automatico sia manuale ed è dotato di un innovativo filtro per la calce sodata a flusso radiale/assiale.
E’ in questo periodo che la Technisub presenta il “Nuovo ARO”, che, come già detto, deriva dall’esperienza del glorioso “Uomo Gamma” Luigi Ferraro. Le caratteristiche di quest’ARO sono veramente innovative: il sacco polmone è connesso al guscio esterno che è incernierato nel basso in modo da attuare l’erogazione a domanda alla riduzione di volume prestabilita, filtro della calce sodata di nuova concezione, con percorso del gas (Dwell Time) enormemente esteso ed eliminazione della necessità di compattare la calce sodata, erogazione sia automatica sia manuale, riduttore di pressione e by-pass integrati in unica unità.
Nella prossima puntata, parleremo di come è fatto e come funziona un ARO!
Per il momento saluto tutti sperando di non essere stato troppo prolisso!
Ciao
Andrea

N.B.: alcuni brani di questo post sono stati gentilmente concessi dal sito http://www.rebreathers.eu

4 commenti:

  1. Sapevo che eri preparato!!!
    Ma è veramente una entusiasmante conferma!
    GRAZIE

    Lo'

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  2. Beh, devo confessarti in un orecchio (in modo che nessuno lo sappia) che molte cose le ho prese da internet e da libri sul tema!

    ... mi raccomando, non dirlo a nessuno!

    Ciao Lo'
    Andrea

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  3. ah...il famoso "copia-incolla"....sagace!!!
    Tranquillo, non sei nè il primo...nè l'ultimo!
    Comunque, grazie davvero!

    Lo'

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  4. MOLTO INTERESSANTE!

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